La Lupa

Il fiume sempre chiamava affinché lo si visitasse quando calava la notte, i campi avevano bisogno che qualcuno li percorresse per esprimersi in un fruscio. I fuochi dovevano essere accesi nel bosco di notte e le storie dovevano essere raccontate lontano dagli orecchi degli adulti…
La nostalgia affiora quando capita di incontrare una persona che si è assicurata questa relazione selvaggia. La nostalgia affiora quando ci si accorge di aver dedicato poco tempo al mistico falò o al sogno, troppo poco tempo alla vita creativa, al lavoro della propria vita o ai veri amori. Pure sono questi gusti fugaci che vengono sia dalla bellezza sia dalla perdita che ci fanno sentire così desideranti che alla fine dobbiamo inseguire questa natura selvaggia. Allora ci lanciamo nella foresta o nel deserto o nella neve e corriamo forte, con gli occhi che scrutano il terreno, cercando sotto, cercando sopra, cercando un indizio, un resto, un segno a conferma che lei vive ancora e non abbiamo perduto la nostra occasione.

La loba

C’è una vecchia che vive in un luogo nascosto che tutti conoscono ma pochi hanno visto… Pare in attesa di chi si è perduto, di vagabondi e cercatori. È circospetta, spesso pelosa, sempre grassa, e desidera evitare la compagnia. Emette suoni più animaleschi che umani…
L’unica occupazione della lupa è la raccolta delle ossa. Notoriamente raccoglie e conserva in particolare quelle che corrono il pericolo di andare perdute per il mondo. La sua caverna è piena di ossa delle più varie creature del deserto: il cervo, il crotalo, il corvo. Ma si dice che la sua specialità siano i lupi. Striscia e setaccia le montagne e i letti prosciugati dei fiumi, alla ricerca di ossa di lupo, e quando ha riunito un intero scheletro, quando l’ultimo osso è al suo posto e la bella scultura bianca della creatura sta davanti a lei, allora siede accanto al fuoco e pensa quale canzone cantare.
E quando è sicura, si leva sulla creatura, solleva su di lei le braccia, e prende a cantare. Allora le costole e le ossa delle gambe cominciano a ricoprirsi di carne e le creature si ricoprono di pelo. La Lupa canta ancora, e quasi tutte le creature tornano in vita, con la coda ispida e forte che si rizza. E ancora la Loba canta e il lupo comincia a respirare. E ancora la Loba canta così profondamente che il fondo del deserto si scuote, e mentre lei canta il lupo apre gli occhi, balza in piedi e corre lontano giù per il canyon. In un momento della corsa, per la velocità della corsa medesima, o perché finisce in un fiume, o perché un raggio di sole o di luna lo colpisce alla schiena, il lupo è d’un tratto trasformato… Così si dice che se vagate nel deserto, ed è quasi l’ora del tramonto, e vi siete un po’ perduti, e siete stanchi, allora siete fortunati, perché forse la Lupa può prendervi in simpatia e mostrarvi qualcosa, qualcosa dell’anima.

Clarissa Pinkola Estés (1993) Donne che corrono coi lupi

 Trasformazione, guarigione

Per quanti ritmi, musiche, tessiture melodiche fossero proposti alla persona malata, quest’ultima non dava segno alcuno di risposta”    Vincenzo Bellia 2001. Il rituale terapeutico del tarantismo pugliese spiegava ciò con il fatto che si trattava certamente di una “taranta sorda” che non poteva udire lo stimolo musicale con il quale, normalmente, la persona si risvegliava da un torpore psichico ed esistenziale

Estratto Tesi Formazione DMT – A. P. d. G. 2009 Quale musica per la taranta sorda? – Le valenze funzionali delle tecniche in Danzamovimentoterapia L’autrice nel legare l’esperienza di tirocinio inerente la Formazione in Danzamovimentoterapia alla propria ricerca del cambiamento, indaga sulla ‘dinamica’ del raggiungimento di un obiettivo dal punto di vista del movimento. Attraverso la motivazione, il coinvolgimento emotivo, l’attenzione alla direzione scelta e desiderata e la fiducia in sé, è possibile intervenire sulla fisiologia e chimica del corpo umano e dunque alla forma esteriore, abbattendo barriere culturalmente ritenute invalicabili? La presa in carico di sé, la dimensione e responsabilità sociali del malessere o della malattia e la dinamica fisiologica del corpo umano, viste alla lente della Psiconeuroendocrinologia, tra secondo cervello e sistema endocrino e immunitario, o della neuroplasticità neuronale capace di modificare continuamente il cervello, possono promuovere un cambiamento se non anche l’autoguarigione? La sperimentazione pratica della tesi ipotizzata su di una utenza specifica e gli esiti della ricerca rivelano sviluppi interessanti e proficui, nonché riproponibili per applicazioni diversificate.

La pedagogia del movimento. Alcuni contributi teorici che supportano l’importanza della valenza pedagogica del movimento nello sviluppo motorio.

 

Comportamento motorio e processo di apprendimento

 Il ritardo mentale, come suddetto, è correlato spesso a psicopatologie diverse e disturbi dello sviluppo e dell’area motoria. Procedendo ad un breve approfondimento del comportamento motorio e del processo di apprendimento si giunge a questioni interessanti.

I seguenti appunti sono liberamente tratti da Dispense di anatomia e fisiologia del Dr. Roberto Siri Centro medico sportivo di Varazze (SV).

Si distinguono innanzitutto patrimonio motorio filogenetico, trasmesso per via ereditaria e patrimonio motorio acquisito in via culturale e ontogenetica. Ė importante dunque l’ambiente in cui si attua lo sviluppo nell’infanzia; lo sviluppo motorio può essere rallentato, impedito dall’assenza di esercitazione; le esperienze ambientali e gli stimoli educativi hanno profondi effetti sulla funzione neuromotoria.

“Il comportamento motorio può essere definito come l’insieme delle azioni che un individuo è in grado di compiere per corrispondere attivamente all’ambiente”. Prerequisito dello sviluppo motorio è lo schema corporeo: “immagine tridimensionale statica e dinamica che l’individuo ha del proprio corpo”; essa è la risultante di: maturazione sensoriale, organizzazione spazio/temporale, lateralità. Lo schema corporeo rappresenta il piano generale che coordina e combina gli schemi motori e posturali di base permettendo lo sviluppo delle capacità motorie (coordinative, condizionali, attentivo-cognitive). Da queste si passa ad un ulteriore livello: si sviluppano più specifiche abilità motorie (open/closed, discrete/continue, cognitive/motorie). Lo sviluppo del comportamento motorio è il risultato di un processo di maturazione del sistema nervoso e del processo di apprendimento; il primo è indotto da informazioni genetiche il secondo da esperienze individuali. Lo sviluppo motorio è frutto di un processo continuo di crescita e rimodellamento, che inizia nella vita intrauterina e prosegue fino all’età adulta.

Si può dunque intervenire sui processi di maturazione del sistema nervoso e di apprendimento per favorire uno sviluppo sano ed equilibrato favorendo di conseguenza anche uno sviluppo psichico armonico?

Processo di maturazione del sistema nervoso. Modello psicogenetico dell’intelligenza Jean Piaget

Piaget, ad oggi anche molto criticato, sostiene la teoria di una correlazione tra evoluzione psichica e strutture intellettive e sottolinea l’importanza del ruolo dell’ambiente e i suoi stimoli nello sviluppo delle strutture intellettive. L’intelligenza deriva da tre processi innati: adattamento (curiosità, attivismo verso la realtà e i suoi stimoli attraverso processi di assimilazione e accomodamento); organizzazione: capacità di correlazione di schemi motori, percettivi, sensoriali; equilibrazione: capacità di autocorrezione di errori di assimilazione. Quanto esperito diverrà memoria, mantenuta da una concatenazione logica formando strutture intellettive più complesse. L’intelligenza è attiva e adattiva: la curiosità innata porta il bambino ad andare incontro alla realtà e i suoi stimoli ed impara ad adattarsi a questi e al cambiamento della realtà: La realtà è nutrimento dell’intelligenza, con maggior ricchezza di stimoli l’intelligenza si forma meglio e prima; i casi dei bambini di orfanotrofi rende l’idea del danno arrecato da uno stato di deprivazione sensoriale.

Neuroscienze e apprendimento – Dr. Enrico Reggiani Facoltà Scienze della Formazione.

Oggi è dimostrato dalla neuroscienza che “la struttura cerebrale non è predeterminata geneticamente”, ma “è il modo in cui un organismo interagisce con il mondo ed impara a percepirlo che genera l’anatomia funzionale del cervello”.. nasce il concetto di neuroplasticità essa è intensa durante il periodo dello sviluppo e prosegue per tutta la vita seppur con meno intensità. “Se il cervello è il luogo dove il pensiero prende forma, allora la costruzione del cervello e del pensiero sono un’unica cosa”. L’ipotesi della neuroscienza è che il numero delle sinapsi possa aumentare al crescere degli stimoli ambientali che si offrono all’individuo. “Il compito degli interventi pedagogici che vanno ad incidere direttamente sul cervello, è di stimolare sinapsi. La struttura del cervello è in larga misura il prodotto dell’educazione, nel significato più ampio di ambiente sociale e culturale.”

Il cervello dunque ha la capacità di evolvere continuamente pur conservando la memoria; i processi cognitivi e mnemonici produrrebbero modificazioni sinaptiche. “E’ l’immagine del movimento già registrata in memoria ad anticipare il movimento vero e proprio”. “Gli interventi educativi assecondano la scelta della migliore strategia motoria, incidendo su circuiti neuronali del tutto nuovi o scarsamente utilizzati per modificare le risposte muscolari, condizionali, coordinative, tattiche. La stimolazione specifica di determinati circuiti neuronali sviluppa l’intelligenza motoria (e non solo)”.

Il processo di apprendimento.

Apprendere un’abilità motoria significa selezionare le strategie più efficaci ed economiche per raggiungere lo scopo dell’azione; tali strategie sono legate allo stile motorio cui l’individuo giunge per prove ed errori o per apprendimento di schemi motori ottimizzati. I meccanismi usati sono l’assimilazione e l’accomodamento: acquisizione della novità ed integrazione con gli schemi congeniti o acquisiti in precedenza, quindi modifica degli schemi originari per adattarli alla nuova situazione. L’esatta anatomia funzionale del cervello è dovuta ad un processo di selezione delle connessioni e dei circuiti neuronali legato all’interazione con l’ambiente; tale selezione condurrà alla stabilizzazione dei contatti sinaptici utilizzati e all’eliminazione di quelli sottoutilizzati. L’esperienza dell’ambiente produce una attivazione sinaptica, induce e stabilizza una connessione neuronale, forma una traccia mnestica che può consolidarsi e persistere con la reiterazione della stimolazione. La struttura cerebrale e il suo funzionamento dipendono dalla percezione del mondo, dai processi cognitivi e mnemonici; è quindi in larga misura il prodotto dell’ambiente culturale, sociale e dell’educazione.

Effetti della neuroplasticità sulle funzioni sensitive e motorie sono ancor più interessanti sotto il profilo educativo e riabilitativo. La mappatura sensitivo-sensoriale corticale e sottocorticale è determinata geneticamente ma può essere modificata (es conseguenze della deprivazione sensoriale o alcune lesioni). La riorganizzazione delle mappe sensoriali gioca un ruolo importante nello sviluppo ma anche nel recupero di funzioni determinate. Dal punto di vista del sistema che presiede al movimento gli interventi educativi hanno ancora un ruolo importante nel consolidamento di circuiti neuronali preesistenti e nell’induzione di nuove connessioni sinaptiche. Si parla dunque di possibilità di ridisegno delle mappe neurosensoriali sotto lo stimolo della pedagogia del movimento poiché l’apprendimento crea nuovi meccanismi neurofisiologici.

Oltre la valenza pedagogica nell’intervento educativo/riabilitativo: quale pedagogia del movimento? La Dmt e le differenti valenze funzionali delle tecniche. Quanto  l’esperienza, il mondo esterno e quello interno plasmano il corpo? il patrimonio motorio acquisito.

 

Sugli stessi assunti di cui al processo di apprendimento (l’importanza della pedagogia del movimento nel creare nuovi meccanismi fisiologici che, attraverso la ripetizione dell’esperienza, diventano “stabili” nella struttura cerebrale, avendo creato e stimolato nuove connessioni neuronali), si possono fare ulteriori considerazioni che integrano la complessità del corpo/organismo umano e conducono a rilevare ulteriori elementi e funzionalità del movimento. Da qui nasce la possibilità di integrare l’intervento terapeutico con tecniche a differente valenza funzionale, ancora con la finalità pedagogica di ottenere un apprendimento stabile, ma arrivando all’obiettivo con metodologie forse più indirette ma che per questo coinvolgono la persona nella sua totalità di mente, psiche, corpo.

Come sopra riportato, Reggiani distingue patrimonio motorio filogenetico e patrimonio motorio acquisito (attraverso interazioni ambientali, famigliari, culturali); seguono dunque cenni su teorie che evidenziano quanto il corpo, la postura, il movimento, il gesto, ma anche la psiche e l’organismo nella sua funzionalità, siano influenzati, plasmati dal mondo esterno e interno attraverso esperienze, rappresentazioni/percezioni, significazioni emotive soggettive, modalità di interazione con il mondo esterno. Di seguito riporto ulteriori riflessioni sulla possibilità di incidere su questo patrimonio di esperienze.

La psiche, l’emozione, la relazione affettiva con il mondo esterno

Reggiani sottolinea che “La mente è il luogo in cui convergono e si combinano tutte le impressioni raccolte dall’ambiente interno ed esterno, ma è anche psiche cioè sentimenti, emozioni, comportamenti, personalità. …Le nostre abitudini, grazie allo schema delle facilitazioni neuronali, formano il nostro carattere e il nostro temperamento, cioè la nostra tendenza alla collera o alla sottomissione, al coraggio o alla modestia, alla riflessione o alla paura (…) Il carattere risulta dunque dall’interazione tra il genoma dell’individuo e la sua storia personale (…) esso si modifica nel tempo”. (Filliozat 1998) Tra gli studi sullo sviluppo infantile ricordiamo il KMP (Profilo di movimento di J. Kestenberg) che individua i ritmi e i modelli di movimento tipici del bambino in ogni fase dello sviluppo e analizza l’interazione tra flusso (libero e tenuto) e forma e la modalità di relazione affettiva con gli oggetti, considera la plasticità dei tessuti per la quale la forma cresce o decresce a seconda dello stimolo rispettivamente piacevole o frustrante.

Tornando alle Neuroscienze consideriamo le funzioni della memoria implicita (non consapevole): l’apprendimento di abilità motorie, processi associativi e non, abilità e abitudini. Schacter aggiunge al concetto di memoria implicita anche l’acquisizione e la ripetizione di schemi emozionali, “come certi atteggiamenti corporei legati a determinate emozioni” (B.Gallo 2003). La messa in atto di apprendimenti impliciti risulta poi automatica e non consapevole perché non ve ne è una rappresentazione cosciente: Il gesto è supportato dalla postura. Quest’ultima è una gestalt “una forma” che è l’esito della storia affettiva” (Lesage in Bellia 2007). Si ricordano a tal proposito gli apprendimenti della primissima infanzia la cui riedizione non appartiene al ricordo ma è inconscia perché l’apprendimento si è verificato quando le strutture intellettive (nella fattispecie la memoria esplicita–rappresentativa che è invece cosciente) non erano ancora formate. Per ritenere l’esperienza nella memoria implicita occorre molto esercizio. “Quando viene ripetuto un particolare esercizio fisico, il corpo sembra prendere il sopravvento, è come se la conoscenza si depositasse nei muscoli, negli arti, in una parte che può eseguire il compito automaticamente” (B. Gallo 2003).

Ricorda ancora Reggiani che “l’apprendimento di schemi di azione è fortemente condizionato dalle motivazioni e dall’esperienza cognitiva ed emotiva del risultato. Inizialmente il movimento è scoordinato e dispendioso; la ripetizione dell’esperienza motoria in forme sempre nuove e stimolanti e la verbalizzazione dell’azione e dei suoi esiti che stabilisce un rapporto cognitivo tra cause ed effetti, consentono di migliorare e affinare progressivamente il controllo dei movimenti . Il desiderio d’apprendere fa parte delle capacità attentivo-cognitive, inoltre la naturale e innata curiosità porta l’individuo ad apprendere e portarsi verso nuovi stimoli del reale, ci ricorda Piaget.

Le sole esperienze che conservano una straordinaria lividezza sono quelle acquisite mediante la sensibilità; si ricorda di più ciò che rappresenta un’esperienza emotivamente significativa. ”La forma dei circuiti cerebrali continua a cambiare in funzione delle nostre attitudini e delle nostre esperienze”, con una grossa dose di motivazione (v. in caso di tumore) da parte della persona colpita, altri circuiti neuronali possono sostituire le parti distrutte” (Filliozat 1998). Nel 1905 nasce la scala di Binet-Simon per misurare il quoziente intellettivo o, per alcuni il conformismo sociale, poiché il test risulta molto parziale (test verbale e logico-matematico). Howard Gardner parla di intelligenze molteplici: spaziale, corporea, musicale, interpersonale, intrapersonale. D. Goleman ci parla di Quoziente emotivo, prendendo in considerazione le competenze dell’intelligenza emotiva: capacità di motivarsi, di perseverare nonostante avversità e frustrazioni, controllo degli impulsi, capacità di regolare il proprio umore e di impedire al malessere di alterare le nostre capacità di ragionamento, l’empatia, la speranza ecc. In breve ciò che ci mette in contatto con gli aspetti più veri della nostra umanità.

Emozione. Etimologicamente mozione fa riferimento a movimento, la e indica la direzione verso l’esterno; dunque l’emozione è un impulso che nasce dentro di noi e che si rivolge a tutto ciò che ci circonda; una sensazione che ci dice chi siamo e che ci mette in relazione con il mondo. Il ruolo delle emozioni è quello di informare l’individuo sugli avvenimenti e di mettere in atto i comportamenti che permettono di gestirli. Con il cervello emotivo (rinocefalo, paleocorteccia) possiamo scegliere i comportamenti: è costituito dal sistema limbico che permette la memorizzazione (ippocampo) quindi il riconoscimento di situazioni già vissute e l’attribuzione di un significato affettivo e di preferenze (la ghiandola amigdala riceve informazioni dai sistemi propriocettivo ed esterocettivo) quindi la nascita di una emozione. Il Dalai Lama sostiene che le emozioni afflittive interferiscono sulla capacità di apprendimento, interferiscono con la percezione della realtà. Le emozioni sono “mezzi essenziali per raggiungere l’autonomia”, l’educazione ce ne allontana. “Ritrovare le nostre vere emozioni significa ritrovare la nostra libertà, a condizione di trovare la temperanza tra negazione ed espressione incontrollata. I “segnali somatici, le sensazioni fisiologiche che sono le emozioni, accrescono la precisione e l’efficacia del processo di decisione (…) Più le nostre emozioni sono coscienti, più la nostra esistenza sarà libera” (I. Filliozat 1998). Il bambino spesso ha imparato a dubitare dei suoi sentimenti. “Il bambino ha imparato che gli altri ne sanno sicuramente più di lui, è pronto a sottomettersi.

Si può incidere sul patrimonio motorio acquisito? Quale nuova pedagogia del movimento?

Mente e corpo: la Psiconeuroendocrinoimmunologia

Lo studio della meditazione da un punto di vista neuroscientifico, ha provato come il temperamento di una persona può essere cambiato con l’esercizio e l’allenamento, attraverso lo stimolo della corteccia, il lobo sinistro, legato ad emozioni positive a scapito di quello destro, legato ad emozioni negative (i sistemi sono connessi per cui lo stimolo del primo, inibisce il secondo. Alcune patologie emotive (specie depressione e dpts) implicano disfunzioni dell’ippocampo e maggiore attività della ghiandola amigdala ma, stimolando la corteccia frontale sinistra (deputata a ad emozioni positive come entusiasmo, zelo, vigore), diminuisce l’attività dell’amigdala. Attraverso l’esperienza emotiva positiva si può incidere su schemi comportamentali, emozionali negativi o disfunzionali e attraverso la pedagogica riedizione di tali esperienze si può arrivare ad un cambiamento stabile.

Dunque su emozioni, temperamento, patologie emotive, si può intervenire con efficacia lavorando sul corpo. La scienza dimostra l’unità di mente e corpo: vi sono ormoni nel cervello e neuroni nella pancia; i sistemi nervoso centrale, immunitario, endocrino comunicano tra di loro e non vi è una gerarchia a favore del cervello, ma la comunicazione è bidirezionale: l’esperienza emotiva si riflette sul sistema neuronale, l’ambiente esterno e l’esperienza hanno profondo influsso sull’organismo e sulla mente. La Pnei (psiconeuroendocrinoimmunologia) è lo studio dei tre sistemi nervoso, endocrino, immunologico e della loro capacità di intercomunicazione; se i tre sistemi e la connessione tra di essi è in equilibrio, saranno garantite risposte adeguate a stimoli, avvenimenti esterni e influenze psichiche, emotive, organiche. La comunicazione tra il sistema nervoso e gli altri è bidirezionale e diffuso: ciò significa che il complesso non funziona in modo gerarchico, non è il cervello che comanda gli altri due sistemi; la periferia manda e trasmette messaggi al cervello proprio come il cervello a sua volta li invia alla periferia.

I neuropeptidi, cellule proteiche create dai neuroni, hanno tra l’altro l’importante funzione di modulare e organizzare in un comportamento complesso gli impulsi elementari. La scoperta che queste cellule sono create non solo dal cervello ma anche da cellule immunitarie ed endocrine, dimostra che la funzione neuronale non è esclusiva funzione del cervello; se nel cervello troviamo anche ormoni sessuali, si riscontra anche che alcune funzioni cognitive coinvolgono organi e molecole di origine non nervosa (es: l’influenza di certi ormoni sulla memoria). Un altro esempio: il “cervello entericoè una rete di neuroni collegati al Sistema Nervoso Autonomo (parasimpatico e simpatico) ma che non dipende dal sistema nervoso centrale. Questa rete è in stretto collegamento con il sistema endocrino molto diffuso nell’apparato digerente come anche il sistema immunitario. Il sistema nervoso autonomo non è soggetto a volontà anche se ormai tecniche orientali e occidentali (biofeedback) dimostrano il contrario. L’intestino tenue dunque risulta essere un sistema nervoso endocrino immunologico integrato con funzioni autonome e pesantemente influenzato dall’esterno con il cibo e dall’interno attraverso emozioni, cervello, disturbi, malattie.

Lo studio del sistema immunitario conduce ancora a connettere stress cronico (di tipo fisico per es. conseguente a malattie infettive e infiammatorie gravi, o psichico, emozionale) e rischi di danni a carico dell’attività cerebrale con influenze sull’umore e funzioni come memoria e apprendimento. Sternberg studia le alterazioni della comunicazione tra sistema immunitario e cervello che possono produrre malattie infiammatorie o psichiatriche o miste (con componenti comportamentali e infiammatorie) e in base a ciò per es. l’artrite reumatoide potrebbe rispondere agli stessi farmaci usati per la depressione maggiore. La risposta fondamentale allo stress (indispensabile perché legata alla sopravvivenza) è identica qualsiasi sia l’agente della reazione: fisico (infiammazioni o infezioni gravi) psichico, emozionale. Esperienza intrauterina e infantile programmano la modalità di risposta allo stress nella vita futura. L’attivazione dell’asse ipotalamo, ipofisi, surrene, se non controbilanciata dal sistema di arresto e inibizione della reazione di stress, va incontro a serie conseguenze come indebolimento del sistema immunitario e psicopatologie (disturbi dell’umore stress, ansia). Un “difetto” in un qualunque punto del sistema, provoca una serie di conseguenze a catena. Rosemberg, visti gli studi sulla connessione di queste discipline, lo studio delle guarigioni miracolose, la relazione tra mente e cancro e tra depressione e cancro, dà avvio alla terapia biologica del cancro (immunoterapia): il rinforzo del sistema immunitario per la distruzione di cellule tumorali tramite linfociti, macrofagi, granulociti. I long survivors (i sopravvissuti all’Aids senza uso farmaci che invece si sono rivelati inutili o dannosi), i grandi anziani danno testimonianza diretta sull’importanza basilare di un buon sistema immunitario nella capacità umana di sopravvivenza.

Mente e corpo dunque sono inscindibili. Spirito e materia non sono separati come il sapere tradizionale, dalla filosofia Cartesiana all’Illuminismo, ha sostenuto. La fisica quantistica di Borh e la teoria della relatività di Einstein hanno dato un finale colpo di mano alle credenze che portavano a separare le due entità e culturalmente le dualità ragione e sentimento, tentano di aprire la strada ad una integrazione e armonizzazione, strada che la Pnei sta proseguendo.

 

 La dmt e le differenti valenze funzionali delle tecniche

Si riflette qui sulla possibilità di incidere su schemi emozionali, motori, comportamentali di base, sclerotizzati, automatici, disadattivi, per trasformarli in schemi maggiormente funzionali e connettere nel contempo i piani fisiologico, cognitivo, emotivo. Si riflette sulle tecniche e sulle metodologie atte ad avvicinare tali obiettivi.

Riassumendo quanto sopra vediamo che: motivazione ed emozione sono molto significative nell’influenzare le nostre caratteristiche personali, stili comportamentali, temperamento, oltreché capacità di apprendimento, decisioni, ragionamenti. Emozioni afflittive interferiscono sulla capacità di apprendimento. Stress fisici, psichici, emotivi possono provocare malattie o disturbi psichici; Stimoli piacevoli o frustranti, esperienze intrauterine o infantili programmano la modalità e la capacità di reazione allo stress nella vita futura, abilità motorie e schemi emozionali ritenuti nella memoria implicita, strutturano la psiche e il corpo nella nostra infanzia.

La ricerca di cui sopra, chiarisce che sulla capacità di apprendimento (ma nel contempo anche sulla salute fisica, psichica ed emozionale) si può lavorare anche indirettamente: andando oltre l’insegnamento di schemi motori precostituiti, pur importanti per lo sviluppo cognitivo, come sopra documentato, accedendo ad ulteriori tecniche che mettono in evidenza altre funzionalità insite potenzialmente nel movimento. Si riflette, si ipotizza, che in tal modo si possa incidere su dimensioni come psiche, emotività, piacere, motivazione, autonomia, per affrontare patologie cognitive, emotive, psichiche, organiche, migliorando il funzionamento neurofisiologico in generale. La relazione tra mondo esterno/interno plasma il corpo ma il meccanismo è bidirezionale: il corpo, l’esperienza corporea plasmano il mondo interno e la relazione con il mondo esterno.

Ci si chiede dunque a quale pedagogia del movimento fare ricorso. Le neuroscenze ci insegnano che l’esperienza motoria ripetuta provoca un cambiamento a livello neuronale, Benoit Lesage danzatore, coreografo, danzamovimentoterapeuta, medico, docente di psicomotricità sostiene che “Il sistema nervoso centrale dipende dalle informazioni di origine periferica. Bastano pochi minuti di lavoro sensomotorio per provocare un rimaneggiamento corticale”. Dunque interventi che ricorrono alla psicomotricità per esempio, sono utili come approccio che tiene conto di quanto sopra considerato: la possibilità di incidere sulle connessioni neuronali ma anche l’esperienza prettamente sensoriale aggiunge altri elementi sopra considerati (esperienza emotiva, psicofisiologica).

Considerando quindi la Dmt, questa, attraverso tecniche a differente valenza funzionale, può incidere sul corpo, sul piacere funzionale del movimento, sulle emozioni, sull’autonomia, sulla motivazione? Di conseguenza può agire sulla fisiologia, la psiche, il sistema neuronale centrale e periferico, sistema nervoso autonomo (collegato al cervello enterico a sua volta connesso ai sistemi endocrino e immunologico)? Quindi infine incidere sulla connessione tra i piani fisiologico, cognitivo, emotivo? Strumenti principali della Dmt sono il corpo stesso e il movimento; la “strategia” è quella di considerare tutte le potenzialità e le valenze insite in essi.

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