Lui si chiama Actarus dal nome della stella Arcturus dicono. In realtà il suo nome è Duke Fleed, e in realtà non è un umano. Eh no! È un extraterrestre, ma, vi assicuro, è in tutto e per tutto umano, solo un po’ più evoluto e con doti fisiche elevate. Lui è precipitato con un atterraggio di fortuna sul nostro pianeta; salvato dal Dr. Procton che lo ha visto sui radar insieme agli operatori del suo Centro Ricerche spaziali, è divenuto amico degli umani e difensore della Terra contro nemici alieni radunati sotto il loro re Vega. È costui l’aggressore della popolazione del Pianeta Fleed, vera patria natale di Actarus che egli ha difeso con tutto se stesso, non riuscendo nell’impresa, anzi vedendo morire tutta la sua gente, famiglia compresa, reso impotente e malridotto per le ferite lui stesso.
Il professore lo ha curato salvandogli la vita e lo ha adottato come figlio, dandogli un nome terrestre per nascondere la sua vera identità e lo ha mandato alla nostra fattoria come aiutante di mio padre, il ranchero Rigel con cui viviamo insieme a mio fratello minore Mizar. Io all’inizio non sapevo chi fosse veramente, la sua identità era nascosta anche a me. Alla nostra fattoria, non molto lontano dal laboratorio, abbiamo uno stile di vita a contatto con la natura ristoratrice e medicina di corpo e mente, luogo di svago, di salute e benessere e lavoro onesto. Abbiamo mandrie di cavalli e bovini oltre alcune capre, perciò il lavoro non manca.
Il laboratorio di ricerche spaziali del Dr. Procton rappresenta invece un luogo del volgere lo sguardo al mondo come universo da conoscere e scoprire allo scopo di sostenere la società umana nel suo cammino; questa è la passione del professore, ma diverrà infine anche laboratorio del gioco di squadra tra noi ragazzi, obbligandoci a sperimentarci e lavorare verso un comune obiettivo, imparando anche a conoscere noi stessi e le nostre dinamiche interiori nel confronto con le altrui; riusciremo a superare le sfide, creando affiatamento e buona sintonia nel gruppo. Il centro ricerche purtroppo si trasformerà profondamente, in seguito, per cause di forza maggiore e con gran dispiacere del professore che vede sfumare così i suoi sogni: la dedizione alla ricerca per il miglioramento della condizione umana sulla Terra. Dunque prima di sapere la verità io stessa, come anche la mia famiglia, accaddero eventi che solo più tardi potei capire. Beh, forse ho scordato di dirvi il mio nome: io sono Venusia e desidero raccontarvi la mia avventura vissuta tempo fa e di cui posso dirvi con una visione distaccata e conscia del dopo. Actarus era già con noi alla fattoria da due anni; un giorno arrivò dal cielo, alla guida del suo disco volante, Koji Kabuto che affiancherà Procton nello studio del cosmo e degli Ufo. Giovane, simpatico, scanzonato, allegro e spavaldo, Koji ci venne presentato da Procton subito al suo arrivo. Il giovane, incontrato il mio tenebroso amico Actarus, si mette fin da subito in competizione con lui, mentre il mio prediletto mostrava in ogni occasione il suo aplomb, la sua saggezza, la sua anima profonda e sensibile.

Divenne presto per me un amico fidato; mi colpì molto, oltre che per il suo aspetto fisico, il suo corpo longilineo e forte, la sua eleganza e il suo fascino, come potete immaginare, anche per la sua misteriosa natura: taciturna, ombrosa, melanconica; ma egli non manca di gioire ad ogni possibile occasione, ove la vita glielo permette, e di intervenire spesso con fulminea efficacia a re-indirizzare la situazione in modo più sereno e costruttivo laddove necessario. Il desiderio di giustizia, la difesa dei bambini e della loro crescita, il desiderio di essere forte, di volare alto sulle situazioni più diverse, per trasformarle in una vittoria sull’ignoranza e la cattiveria, sono le emozioni che notavo deste in lui e i valori che mi ispiravano. Era sempre all’altezza della situazione. La vita nella fattoria è di contorno alle nostre vicende: la pace del silenzio, le galline con i loro rauchi e radi versi nella quiete del luogo, le cime degli alberi mosse dal vento, le montagne, gli splendidi colori d ogni stagione, i paesaggi e i tramonti, quel mondo fantastico affascina, è romantico. Spesso sono in compagnia di Actarus, nelle passeggiate a cavallo, nelle gite in montagna, in moto, sui prati a prendere il sole o sotto le stelle ascoltando, la musica così particolare, che lui suonava con la sua chitarra. Ma qualcosa avvenne a disturbare questo idillio. Koji con il suo arrivo scatena subito il dramma di Actarus: il dramma di un essere venuto da un pianeta distrutto dagli alieni malvagi, di un uomo che apprezza questo mondo per la natura accogliente, per la sua bellezza che vuole difendere a tutti i costi. Nel nuovo pianeta trova anche una seconda famiglia, la nostra, che lo accoglie e lo protegge e che lui vuole proteggere dall’invasione extraterrestre. Actarus è quindi ragionevolmente infastidito da quello che Koji rappresenta e che lo porterà suo malgrado a combattere di nuovo, mentre il nuovo pilota, arrivato per affiancare Procton, lo affronta subito come un rivale, da ragazzino in competizione. Il mio amico tenta di ribellarsi al suo incipiente destino, lo sfugge, lo allontana.
L’ho visto in una drammatica scena dove, al chiaro di luna, sta suonando la chitarra, ma si interrompe, non riesce a proseguire, disturbato da pensieri insistenti e finisce per lanciare lontano la chitarra, mettendosi a correre per sfuggire ai pensieri che lo inseguono senza sosta: seppi dopo che si trattava della consapevolezza e il rifiuto nel contempo, di ciò che lo attendeva. Pensava al padre adottivo Procton che lo ha accolto come un figlio senza esitazione, nascondendo la sua vera identità per la sua sicurezza personale, e al forte desiderio di vivere in pace sulla Terra, sua seconda patria. PROCTON “Per quanto cerchiamo di ribellarci, non possiamo sottrarci al nostro destino”. ACTARUS “Vorrei soltanto condurre una vita tranquilla e godermi questa natura meravigliosa! Perché il destino ha deciso di negarmi questa gioia? Perchè? Perchè?”

La sua è una realtà fatta di drammi, di solitudine, di passione, di amore per la natura splendida e senso di ingiustizia di fronte a chi vuole dominare, depredare a proprio unico vantaggio o distruggere. Lui possiede il fascino di un samurai che, chiamato al suo destino, risponde infine, convinto di dover combattere, per difendere ciò che ama; dopo due anni dal lutto per la sua famiglia e la sua gente, sentitosi chiamato, riflette e sceglie. Sceglie quella che non è altro che la sua strada, ancora di lotta e combattimento, ma che non gli impedisce di godere della natura e dei nuovi amici, del calore di nuovi affetti famigliari. Un sogno gli suggerirà il suo destino, ma ve lo racconterò un’altra volta; decide quindi di non fuggire e affrontare il suo destino. La scelta è dettata da una profonda passione: l’amore per la natura e l’amore per l’umanità. PROCTON “Avrei voluto garantirti un’esistenza pacifica sulla Terra…”

Ti batti per ciò in cui credi, anche se hai tutti contro; qualche maestro, mentore, padre ti sostiene da vicino o da lontano, se sei nel cuore; e c’è sempre la presenza dell’invisibile, se sei nel cuore. Il solo restar fedeli a se stessi e il proprio senso-destino permette di non sentirsi mai in esilio e la propria strada si rivela.

Così uno dei saggi che incontrai, commentò quella situazione particolare.

Agli inizi Actarus non è ancora ben integrato per quanto noi ci prodighiamo; deve nascondere la sua identità con la conseguenza di non essere riconosciuto nella sua integrità; io infatti ero tra le persone ignare, almeno nei primi tempi, così mio fratello Mizar e anche mio padre che, ora che sto diventando donna, si rivela un po’ troppo presente nella mia crescita; non mi lascia fiato a volte e mi allontana da lui. Il mio amico inoltre deve anche conquistare la stima del nuovo arrivato Koji, anche se con il tempo l’amicizia si rinforza e saranno più in armonia in un secondo tempo. In laboratorio però, dove in sala operativa lavora il professore, si è creata un’atmosfera famigliare; nel silenzio e nella concentrazione Procton si accende la pipa e Actarus è assorto ad osservare dati alle sue spalle; io entrando in silenzio, non vista, posso cogliere questa immagine in cui vedo che è proprio così; sembrava un salotto in cui il padre si legge il giornale in silenzio e il figlio studia insieme a lui per poi condividerne l’esito: ecco il calore di un’atmosfera famigliare. Ma il mio giovane amico ha un profondo senso di colpa per cui, causa la sua presenza, la Terra sarebbe terreno di battaglia, dove il nemico scende per eliminare il suo fastidioso ostacolo ai propri illegittimi sogni di conquista e potere. Come dicevo già da anni la fattoria era al centro di una zona dove si verificarono diversi fatti e avvistamenti di UFO. Da una parte l’accoglienza e l’affetto di Procton che può comprenderlo fino in fondo con una intesa perfetta, perché è l’unico a sapere la sua verità, oltre gli operatori e colleghi in laboratorio, d’altra parte il suo attaccamento al bellissimo pianeta verde-azzurro che lo ha accolto semimorente, dandogli una seconda patria e una seconda missione, lo invitano a superare quel senso di colpa, facendolo sentire parte di un nuovo mondo, con una nuova famiglia che è sinceramente convinto di dover difendere a tutti i costi. 

ACTARUS “Padre, la Luna è di nuovo rossa! Non posso sopportare che degli innocenti siano in pericolo solo perché io mi sono rifugiato qui sulla Terra”

PROCTON “Actarus, non credi di essere un po’ precipitoso? Sei davvero convinto che, se non fossi qui, sparirebbero tutti i problemi?”

ACTARUS “Si… però…” sfugge con lo sguardo, per nascondere l’emozione.

PROCTON “Actarus, finché esisterà l’esercito di Vega, la Terra sarà in pericolo e per quanto possa costarci sacrifici, la tragedia del pianeta Fleed non deve ripetersi!”

Actarus, vinti gli alieni in una prima battaglia e salvati i suoi amici, sembra invidiare la loro felicità e gioia: “È bello vederli felici”.

PROCTON “Actarus, finché in te arderà l’amore per l’umanità, non importa da quanto lontano tu provenga, sarai sempre considerato un figlio di questo pianeta. Sempre!”

ACTARUS “Grazie.”

L’appartenenza è quindi infine legittimata e accettata; anche quando Actarus sarà preso da malinconia di casa, infine si convincerà a restare ancorato al luogo che lo ospita: “Ora la mia patria è la Terra”, dirà. Ma sarà sempre un diverso, alieno anche lui, che non si lascerà mai andare (e io ne so qualcosa) ad una vita che non sia quella del combattente fedele, sacrificatosi con malinconia, per difendere il proprio umano territorio. Nel conflitto tra desiderio di pace e destino da combattente, dunque, lui sceglie quanto è legato alla sua anima; non tradisce e la vita gliene darà ragione, poiché è vero: il destino se lo scegli ti uccide, se non lo scegli ne muori…

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