Tra essere alienati da sé stessi ed essere degli alieni veri e propri non so quanta differenza ci sia; almeno intendendo per alieni, quelli che in un periodo, sempre durante l’infanzia, si intendeva quegli esseri ancora tema da filmica televisiva; ricordo specialmente il fatto che, se ti addormentavi, diventavi un alieno che improvvisamente si faceva rigido, senza espressione sul viso e gli occhi sbarrati; e iniziavi a camminare dritto senza relazionarti o divenendo aggressivo verso gli altri. Era evidente che non fossero molto affascinanti questi personaggi zombi. Ma devo dire che i nostri nemici extraterrestri erano invece molto ‘passionali’ cioè molto vivaci nelle loro espressioni, molto umani direi nelle loro fisime; erano sempre molto fantasiosi e creativi, con tutte le loro acrobazie a terra o per aria se non sottoterra e poi sott’acqua, con le loro enormi macchine da guerra, mostriciattoli di latta dai nomi più disparati, robot enormi e dai colori e forme fantasiosi che costituivano la prima linea di combattimento. Per due volte Procton proferì le parole “Lo studio del cosmo è di importanza vitale”. Il suo spirito e amore per la ricerca trapelava sempre… e qualcosa lo istigava in tale direzione, il cosmo. Il nemico, in un secondo tempo, si mostrò sempre più in crisi per l’approvvigionamento energetico per cui è in forse la sua stessa sopravvivenza, mentre Goldrake… già non vi ho ancora parlato di Goldrake: si tratta del robot gigante (beh si anche lui con il suo robot, ma era la moda dell’epoca) il robot era inserito nell’astronave con cui è atterrato Actarus riuscendo a sottrarlo a Vega che lo aveva fatto prigioniero. Goldrake rappresentava ed è ancora l’unica arma capace di fronteggiare il nemico; inoltre dipende da un energia pulita, l’energia solare; funziona infatti grazie all’energia fotonica, energia ecologica, scoperta su Fleed e resa disponibile per tutti tramite l’apporto dello scienziato Procton, cosa di cui Actarus è veramente felice e orgoglioso, mostrando come cooperazione e condivisione garantiscono il fiorire di progetti utili all’umanità.
PROCTON “È cominciata una nuova guerra per la sopravvivenza, dovete combattere con questa consapevolezza”.
Oltre l’aspetto più eclatante e visibile della loro potenza distruttiva, i malvagi esseri (dobbiamo vederli nei loro pregi e difetti) mostrano esperienza, emulano i saggi e studiano le più svariate strategie di offesa: per es., sapendo che “le formiche possono sconfiggere il leone”, decidono di costruire armi minuscole, capaci di assemblarsi in autonomia, per formare una macchina da guerra. Queste armi emettono onde elettromagnetiche che attaccano in massa ciò che si muove e fa rumore. In seguito gli alieni divengono ancora più subdoli: terremoti indotti e altre trappole per attirare i terrestri allo scoperto, uso di sosia per ingannare, lavaggio del cervello, controllo mentale, manipolazione, microchip nascosti negli indumenti e poi direttamente impiantati, sono le nuove soluzioni adottate per sottomettere gli abitanti dell’Universo e della Terra al proprio controllo e governo. Un giorno Koji viene rapito, gli viene iniettato un veleno ed è sottoposto a continue onde elettromagnetiche che ne annullano la volontà. Dopo 12 ore senza onde l’organismo elimina il veleno, ci disse Actarus. Un’altra tattica sta nel profittare del nostro mondo affettivo o quello di altri alieni buoni di altri pianeti soggiogati da Vega, il gran conquistatore. Il mondo del sentire, spesso inconscio e da sempre motore degli eventi nella storia dell’umanità, è subdolamente colto come fragilità e occasione di cui profittare, per farci cadere in trappole di vario genere e sconfiggerci. Gli alieni invece sono sottoposti ad una rigida gerarchia e richiamati a nascondere i propri sentimenti dietro il contegno militare. Particolare la voce calma e centrata di Hidargos, uno dei principali comandanti di Vega: non rivela emozioni anche se, sono sincera, è affascinante la sua centratura.
Gandal “Sei il comandante … e dato che sei un militare, ti atterrai alla disciplina militare”
Gauss “Siete ottusamente attaccati a queste formalità, ecco perché non riuscirete mai a sbarazzarvi di Duke Fleed”.
Come dicevo una tattica tipica del nemico è quella di profittare di abitanti di altri pianeti sottomessi, per avvicinarsi di più a noi e uccidere Actarus. Vengono educati e istigati alla rabbia, all’odio, all’aggressività o condizionati nella volontà tramite marchingegni più o meno invasivi. Molti di essi, pur in punto di morte, si avvedono dell’errore di essersi lasciati traviare rispetto alla propria natura originaria. Il punto debole di questi alieni malvagi però è evidente: orgoglio e sete di potere, conseguente divisione interna al gruppo di comando che impedisce loro di vincere. La speranza di resistere in battaglia dunque sta nella sussistenza del dubbio, come della fragilità molto ‘umana’ degli attaccanti.
Hydargos alieno, comandante, storico nemico di Duke Fleed teme il fallimento: “Sarei bollato a vita come incapace, perderei la mia posizione di comandante”. Hidargos fa mostra del suo sentimento di competizione e desiderio di potere esclusivo; l’extraterrestre, soldato di Vega messo di fronte alla sua incapacità, viene messo da parte, ma lui non accetta l’affronto. Vuole una vittoria personale, per poi dominare orgoglioso e fiero. È ambizione (sarebbe legittima) ma è cieca; per salire bisogna scendere, il saperlo fare o no decide l’esito della partita. Intanto Hidargos viene messo vergognosamente da parte dal superiore indicato a sostituirlo. Il pensiero nella nostra cultura é volto all’interesse del gruppo e non del singolo; l’individualismo non è insegnato dalla nostra tradizione, da sempre in contrasto con la spinta personalistica che connota l’esperienza di altre culture. Solo con l’inganno teso al suo re, l’aspirante unico comandante Hidargos mantiene il suo status. Che caduta di stile si direbbe. Il gruppo è più importante del singolo qui da noi. Questo vale fino a quando il gruppo non propende per l’omologazione, con l’appiattimento delle idee più creative dietro la scelta di un pensiero unilaterale fuorviante, involutivo, monotono, disfunzionale, distruttivo. Il gruppo è funzionale laddove vi sono sinergia ed energie creative libere di esprimersi e offrire la loro ricchezza al gruppo stesso e al singolo. Actarus, testimone in combattimento di queste loro dinamiche, è invece perfetto nel suo comportamento, dando prova di maturità, nonostante sia lui ancora molto giovane. Procton, padre, scienziato, capo dell’equipe, accompagnava gli eventi con la sua testimonianza e l’osservazione di queste dinamiche su cui poi rifletteva a posteriori con noi testimoni dell’esempio del mio eroe che diveniva per me e specie mio fratello, un educatore.
Gli alieni ancora scoprono le loro carte: “Bisogna ingannare i propri amici per ingannare i propri nemici”; in questo modo tenderanno una trappola al mio Actarus che sarà coinvolto in un episodio molto emozionante e commovente. Actarus ritrova la sua amata dell’adolescenza: Naida fuggita a ripararsi sulla Terra, è inseguita dagli alieni; lui la incontra, mentre è in fuga, la salva e la porta via con sé al laboratorio e improvvisamente, messa da parte melanconia e laconicità, diventa ciarliero, felice, pieno di propositi. Ricorda momenti comuni passati insieme, come quando il fratellino di lei voleva spaventarli con un serpente… Per quanto fossi anche gelosa di lei, ero felice per lui: meritava una compagna; non potevo frappormi, era una bella ragazza e degnissima di lui; inoltre, anche se non fossi stata solo che adolescente, se il fato gli conferiva un bel dono, vuol dire che andava bene così. La ragazza però si mostra ritrosa e infine rivale, perché controllata a distanza dai nemici che le hanno piantato un microchip in fronte (siamo passati dal fermaglio, altra diavoleria aliena, all’impianto sottocutaneo) per cui condurrà un’opera di discredito nei confronti dell’amato, tanto da riuscire incredibilmente a distruggere in un attimo la sua personalità e a promuovere in lui una pericolosissima identificazione negativa. Actarus infatti, chiamato da lei traditore e assassino della sua gente, non regge il colpo emotivo e fisico della botta in testa subita da Naida; si sente un traditore, va in delirio, innamorato e fragile di fronte a lei. Servirà un elettroshok per risvegliarlo da uno stato di catalessi, apatia, abulia. Lei si è accorta che io sono innamorata, ma io comprendo e non posso che essere felice, se lui riesce ad avere una compagna; ora ormai conosco la vera identità di Actarus e non posso che essere orgogliosa di essergli accanto comunque. Piuttosto non mi aspettavo una caduta psichica del genere, ero abituata a vederlo nel pieno delle sue forze e ora ridotto così… non riuscivo ad accettarlo. Ma chi lo colpisce è la sua compagna d’infanzia che lo amava e ama, ricambiata, pertanto una figura in cui lui nutre fiducia; ciò che lei dice riguarda la sua gente, la sua famiglia che lui avrebbe abbandonato con la fuga dal pianeta, se non ucciso inconsapevolmente (perché i loro cervelli, al dire di lei, venivano impiantati ai piloti alla guida dei mostri nemici). In tal modo lo tocca nel vivo dei sentimenti più profondi. L’abbandono repentino del pianeta natale gli lascia un senso di colpa: quello di essere ancora vivo, mentre i suoi e la sua gente sono (come lui crede) tutti morti. L’arma dell’incitamento all’odio, la manipolazione dei sentimenti con la degradazione verso emozioni negative, provoca una caduta di energia e la conseguente perdita della connessione alla sorgente insieme alla propria centratura e la conseguente adesione passiva a quanto l’altro vuole inculcare. Naida, condizionata dal potere del nemico su di lei, tramite il microchip, finirà per agire contrariamente al suo sentimento. Actarus, anche lui disconnesso da sé, ha un crollo psicologico, pensando davvero di aver tradito e ucciso la sua gente. È molto triste tutto ciò.
In confronto ai nostri nemici noi, fortunatamente, ci comportiamo in modo diverso dagli alieni malvagi assetati di potere e dominio totale. Il valore del gruppo rispetto all’attenzione rivolta all’azione individuale si inserisce pienamente nel nostro pensiero fin da piccoli; il valore della fedeltà, dell’amicizia, dell’onore, dell’unità, devo dire, sono ciò che ha aiutato i miei ragazzi, Koji e Actarus, nel momento del pericolo.
In un episodio Koji, preso in ostaggio, prega Actarus di lasciarlo morire e di non tradire la Terra “Dicevi di considerarti un terrestre e amare la Terra!”.
ACTARUS “Koji non mi tradirebbe mai, è l’amore per la pace e l’umanità che ci unisce”. Dunque decidono di non tradire e agire insieme fino alla morte. Il veghiano Gorman canzona la loro nobiltà d’animo. Dunque è un momento interessante: Hidargos e Gorman vogliono il potere, c’è tra loro tradimento e competizione, perciò divisione anche nell’azione conseguente, studiata a livello personalistico. L’obiettivo non è la vittoria, ma una vittoria personale, perciò andranno verso la sconfitta. Koji e Actarus invece sono uniti, agiscono in sinergia, c’è lealtà per la pace e l’amore per l’umanità.
PROCTON “Chi ama la pace e la concordia ha trionfato su degli esseri malvagi spinti solo dall’odio e dalla ferocia.”

L’invisibile porge la sua mano. Osservando ancora quanto accade e che si ripete, noto un altro fatto ricorrente: i guerrieri abitanti di altri pianeti sottomessi, spesso sotto l’arma del ricatto o, dietro manipolazione della loro mente, sono spinti alla guerra per uccidere il pilota di Goldrake. Ma essi infine, quando non lo crederesti più, si ravvedono, la manipolazione non è riuscita definitivamente e lascia riemergere la loro natura originaria fondamentalmente buona. Ecco per esempio alcuni di loro.
VEGA: “Come è andato il soggiorno sul lato nascosto della luna? O hai nostalgia di un posto più luminoso?” Vega ha sede sul lato nascosto/ombra della luna, il lato oscuro dell’uomo, sembra quasi voler dire; lo scienziato Yara, a cui si sta rivolgendo, è mosso invece dalla luce dell’entusiasmo, dalla passione per la ricerca a fini di bene. YARA “Sono uno scienziato e l’obiettivo delle mie ricerche non era uccidere innocenti; non sarò mai complice dei vostri delitti”. Yara morirà, ma lucidamente esprimerà l’ultimo pensiero: “Sulla Terra ho incontrato un uomo straordinario che si è fidato di me”. Il mio Actarus naturalmente!
Anche la combattente Mineo, extraterrestre, è sotto ricatto morale da parte del nemico Vega: “Metterò tutta la mia rabbia in questa spada!” Ma è in conflitto tra il salvare il suo pianeta e il compito cui è stata demandata: uccidere Actarus. PROCTON “Conoscere il nemico ci permette di risolvere tutto in pace” Infatti l’idea di Actarus era quella di non restare troppo fermi e aspettare come accaduto fino ad allora, ma di catturare un pilota dei robot nemici, per capire qualcosa di più di loro, ma anche farsi conoscere, cosa che si rivelerà di fondamentale importanza. Gli eventi offrono l’occasione e Actarus accoglie dunque la nemica Mineo con ogni premura “La sua uniforme non è adatta ad un pianeta pacifico come la Terra… noi le offriamo il calore di una famiglia: le do un mio vestito… Actarus inizia già ad affezionarsi a lei… perché pensi solo alla morte? Devi aver subito un condizionamento, noi ti insegneremo a vivere, a pensare soltanto alla vita.” La ospitiamo alla fattoria e le offriamo il meglio di una vita serena nella natura, a contatto con la vera vita, gli animali, il lavoro quotidiano. Mineo viene però richiamata dai nostri nemici alla sua missione, quindi tornerà a combattere, ma alla fine, nel momento decisivo di uno scontro: “Non posso uccidere una persona tanto buona… sei così felice in compagnia dei tuoi amici… non dimenticherò mai con che calore mi avete accolto”. L’amore vince nel suo conflitto morale; l’anima buona di Actarus fa vibrare l’anima buona di Mineo e la fa desistere dal suo infelice proposito.
Un episodio ancora fa emergere molto bene come un forte legame è capace di neutralizzare il tentativo nemico di aver presa sulla mente altrui; si tratta di un collaboratore di Procton e la sua fidanzata; si conoscono fin dall’infanzia, entrambi orfani si sono fatti compagnia con un’amicizia profonda sfociata in amore e ora vogliono sposarsi. Lei, condizionata dagli alieni che le avevano messo indosso un microchip, mi sembra sul fermaglio dei capelli, mette in serio pericolo i miei amici del laboratorio; anche Procton rischia la vita. Ma l’intervento del fidanzato la fa desistere dal proposito inculcatole: l’amore emerge e vince; la sua forza prorompente spezza definitivamente il tentativo subdolo degli alieni di usare l’innamorato al fine di uccidere Actarus. La forza dell’amore ancora una volta supera l’odio e la volontà di distruzione. E così altri personaggi si succedono nello stesso tentativo, ma al momento giusto si ravvedono e salvano Actarus.
Il comandante nemico GAUSS “Stavo per privare la Terra dei suoi fiori; che cosa sono diventato?” E così si lascia sconfiggere; ACTARUS lo capisce ormai dopo l’accaduto.
GAUSS “Doveva andare così, era giusto così.”
ACTARUS: “Anche tu avevi un cuore capace di amare. Ora capisco cosa volevi dire con il tuo gesto: difendi i fiori della Terra!”
Gauss, un selvaggio restio alla disciplina militare, secondo Lady Gandal (la parte femminile interiore di un combattente alieno), sa bene che le divisioni interne, la competizione per il potere e il fatto che chi sta al potere spesso è peggiore di chi ne è alle dipendenze, sono le motivazioni di una guerra destinata ad essere persa. Spesso ho notato che noi riusciamo a vincere con la solidarietà, l’amicizia, la complicità, il sentimento, perché insieme convergono e fanno accadere cose… specie forse con l’intervento dell’invisibile. Quindi ancora accade che un suddito addestrato o manipolato è usato o solo ricattato per salvare i propri cari, liberare la propria patria, trascendendo la propria natura buona originaria, trasformandosi in peggio al punto da far del male a chi cerca solo libertà e pace come lui. Ma che sentimento di bene è quello che si volge solo ad alcuni e trascura o dimentica invece gli altri? Gauss morente dimostra una profonda maturità spirituale dicendo “Doveva andare così, era giusto così.” Anche Mineo e Naida vanno incontro alla morte, riconoscendo di essere state incapaci di governare la propria mente e i propri impulsi e restare fedeli alla loro fondamentale natura buona. Gli abitanti del pianeta Wolf tra cui ancora un guerriero spinto a uccidere Actarus, la notte di luna piena hanno la facoltà di acquistare la forza dei lupi e, sembra qui, specie la forza della saggezza del cuore”. Actarus è sempre volto a concedere ai suoi aspiranti omicidi una chance di recupero. Lui è sempre incline a vedere in loro il bene, mentre essi in effetti sono ricattati o sottoposti a trattamenti che ne distorcono la volontà, minandone l’originaria natura buona. Actarus ha fiducia nella loro riabilitazione con la presa di coscienza del loro stato addotto, di semicoscienza, di alterazione della volontà sulla base di emozioni legittime, usate qui subdolamente.
“Per vincere il nemico bisogna prima vincere se stessi”. Questo disse un extraterrestre nemico al sottoposto spinto ad attaccarci e che si era lasciato traviare dalle emozioni, per fortuna, a causa di buoni sentimenti verso di noi. Accade quindi che il nemico si tradisce e si convince a esprimere la parte migliore di sé, ascoltando i propri sentimenti, ma perdendo proprio per questo il controllo; di ciò si avvantaggia Actarus riuscendo a vincere. Il guerriero nemico confessa di essersi ritrovato a uccidere con indifferenza, non provando alcuna emozione; ritornando al ricordo del suo amore per gli animali, ritrova la sua autentica natura originaria, chiedendosi come avesse potuto dimenticarla; essa ha vinto qui il suo falso sé, il guerriero addestrato all’odio. ACTARUS “Chi ama gli animali non può essere una persona malvagia”. La natura originaria è qualcosa che sembra impariamo presto a tradire. Perché? Il lato nascosto del nemico, l’alieno, se conosciuto, indica la via, pertanto l’andarvi incontro può fiorire di nuove speranze. Ecco questi malvagi extraterrestri, distruttivi e assurdi coi loro robot, rappresentano quanto di più umano ci sia: la fragilità, la debolezza di spirito, la bassezza degli intenti, maschile e femminile indistinti e incerti, un femminile perfido e malvagio nelle sue intuizioni e desideroso di supremazia, competizione, tradimento, sete di potere. Ecco infine: gli alieni siamo anche noi e ritorniamo da capo a rivedere la, meglio le, nostre identità. Chi siamo? Sappiamo rispondere? Cosa vogliamo davvero? Abbiamo un idea? Siamo centrati o seguiamo una stella non nostra? Siamo protagonisti della nostra vita o meri esecutori di un programma già indicato più o meno subdolamente da altri? Guardiamo in noi stessi: non troviamo forse gli stessi sentimenti più o meno forti, non ci possiamo forse riconoscere nell’uno o nell’altro, magari solo per alcune sfumature se non tratti più marcati. In qualche modo sono arrivati ad essere così malvagi; capire la conseguenza dei nostri atti, delle nostre parole, può aiutarci a non andare incontro proprio a ciò che non desideriamo ed evitarci seri problemi in avvenire e peggio divenire alieni cattivi. Se non siamo coscienti, è difficile sapere come promuovere il bene.

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