L’invisibile

Una forza invisibile è anche dentro di noi e a volte; l’ho avvertita in quanto mi raccontava il mio eroe: il sogno di cui vi avevo accennato. Actarus una notte si risveglia concitato: “Ho un presentimento, un nemico potente, come mai fino ad ora, verrà sulla Terra per uccidermi. Io vorrei solo condurre una vita tranquilla su questo pianeta che amo, ma non posso scappare, devo affrontare il mio destino e combattere, anche se dovesse costarmi la vita”. Il malinconico figlio adottivo del professore, interessato al cielo e le sue risorse, come lui, si rimette al mistero con umiltà, riflette e si pone interrogativi nell’attesa della risposta che infine viene da sé. I sogni sono un potente alleato. Lui sogna e forse prevede il futuro, incalzato sulla scelta definitiva rispetto al proprio destino di vita: sogna di precipitare al centro di una voragine, ma l’immagine sembra una rosa rossa i cui petali ricordano i gironi dell’inferno in cui lui scende e scende ancora. Il nemico è potente: la guardia scelta di Vega, la stessa che ha distrutto il suo pianeta. Ma quella caduta sembra rappresentare una discesa al centro del proprio essere; non era la morte che lo attendeva, ma una rinascita attraverso un passaggio evolutivo? Compiere il proprio destino…? Ora sono poetica lo so. Ma Koji e Actarus non si salvano forse perché in sinergia tra loro e coerenti con la propria anima? Umilmente arrendevoli di fronte alla scontata disfatta, fedeli a sé stessi e ai propri principi (come l’Antigone di Sofocle), fedeli ad un principio universale, la volontà superiore, vengono infine salvati dall’invisibile? Come per magia, proprio quando tutto sembra perduto ormai, la propria coerenza, l’amore per la vita nel suo pieno splendore di armonia, l’accettazione, uno stato di presenza di qualità superiore, li salvano: energie, coincidenze, eventi fortuiti vengono in soccorso, nell’affidarsi totalmente. La coerenza garantisce la trasformazione (la caduta all’inferno e il ritorno come persone rinnovate, come i miti insegnano), la coerenza ha garantito la loro sopravvivenza. Questo passaggio difficile e non scontato si è materializzato nella sua manifestazione nella realtà concreta favorendo le intenzioni più autentiche che infine si dispiegano in senso favorevole.
Pertanto l’invisibile, onorato nel non agire e nell’ascolto, percepito e osservato con umile rispetto, rende la risposta all’implicita, non formulata domanda. A volte la sua presenza è rimarcata da suoni radi, isolati, ma armonici con il contesto, un fruscio, un alito di vento che sembrano annunciare una nuova presenza. Il silenzio dell’invisibile appare come una madre che opera muta e senza clamori, insegna a non reagire, non cedere alle provocazioni, avere la pazienza di aspettare, dare tempo, mantenere l’apertura e l’accoglienza, perché l’invisibile esige che si prepari un caldo giaciglio per la sua venuta.
Il professore mi raccontò un giorno l’incontro con Duke Fleed, alieno buono, precipitato sulla Terra, accolto subito come un figlio. PROCTON “Un fato misterioso ha fatto incrociare le nostre strade.” L’invisibile opera dietro le quinte della nostra ragione che crede di mettere tutto in ordine e decidere per tutto e tutti, mentre in verità è proprio il caso a porci di fronte ad un input inaspettato che mette le ali ai nostri progetti e dispiega la strada verso la loro realizzazione. Un’intuizione, una parola captata per caso, un incontro vero e proprio con qualcuno che rappresenta magicamente una tessera che combina con la nostra.

Il Samurai

Della nostra cultura l’anima di Actarus sembra collimare con la figura del combattente giapponese incarnandone gli stessi valori: onore, giustizia, dignità, fierezza, fratellanza, amicizia, fedeltà; tutto ciò sulla base di una disposizione d’animo estremamente umile. Avete dei dubbi? Parlo della figura emblematica delle tradizioni della nostra patria, così puntualmente onorate da mio padre e tutti noi con lui: si tratta della figura del samurai.

Nel periodo Heian 794-1185 d.c. in Giappone emerge la figura del caratteristico guerriero che fino all’800 avrà gran voce in capitolo nella storia del nostro Paese: il bushi, nobile guerriero, maestro d’armi, emblema del riscatto sociale, che, attraverso un miglioramento del proprio status tramite la lotta contro tutto, rinuncia a sé stesso per combattere; ma egli è nel contempo colto e cultore di arti, poesia, calligrafia, musica e dedito alla ricerca spirituale attraverso la meditazione zen (meditazione sviluppatasi dalla cinese chan fino alla fusione di bushido, il codice comportamentale del samurai, e zen). Si tratta di una meditazione per l’addestramento alla consapevolezza, al perseguimento di un fine o un bene più elevato, svuotando la mente dei concetti di spazio, tempo, bene e male. Il samurai obbedisce ad un rigidissimo codice comportamentale di natura etico-filosofica alienandosi dalla sua condizione di uomo per trascendere ad un servizio, a una missione, a un compito. Tramite un percorso a confronto con il proprio mentore, il proprio maestro, giunge a superare lo stesso. Mosso più che da una motivazione religiosa, come i cavalieri feudali europei cui i samurai sono stati confrontati e paragonati con le dovute differenze, il guerriero giapponese è volto alla crescita spirituale, divenendo una figura non formale, ma retta e giusta, nobile e umile come un saggio maestro, un guerriero in trasformazione, anche se, secondo un antico detto “Le armi sono strumenti nefasti. La via del cielo le aborrisce. La via del cielo consiste nell’usarle solo quando è inevitabile.” L’arte marziale, sviluppatasi in Giappone anche ad opera di grandi samurai, non ha l’obiettivo di annientare l’uomo, ma di annientare il male.

Takuan Soho espresse la sua indipendenza di pensiero nel testo “Se segui il mondo volterai le spalle alla via” e segnò il connubio tra zen e arte della spada insegnando la flessibilità di corpo e mente, la rimozione dagli attaccamenti, la fusione di corpo e spada, realizzando il vuoto in ogni azione. Un altro libro, “La testimonianza segreta della saggezza immutabile” è il testo in cui si attua il passaggio della Via della spada da addestramento per uccidere a sentiero di evoluzione spirituale.
Il samurai insegna che ciò che può avvicinare sempre più alla realizzazione di sé, in modi straordinari a volte, non sono le qualità intrinseche, ma le scelte che faremo; se la mente ci svia verso scelte che ci riportano nei nostri confortanti schemi, i samurai insegnano invece al vivere come di fronte ad una sfida alla paura che non è altro che una proiezione del nostro passato sul futuro. Ecco che affrontare il pericolo in battaglia è per il samurai esito del lavoro dell’affrontare se stessi in meditazione, imparando ad abbandonare l’ego, ogni attaccamento, ogni proiezione, ogni identificazione che ci allontana dalla verità del nostro essere. Il coraggio non è assenza di paura, ma il saperla gestire. Il giovane che sceglie questo percorso da samurai compie la decisione di passare attraverso ogni paura.
Divenuti nel tempo vera e propria classe a sé stante, i samurai arrivarono in seguito a governare con gli imperiali; alcuni avvenimenti ne minacciano però l’esistenza fino alla loro definitiva scomparsa insieme alla cultura tradizionale in nome del progresso sospinto dalla minaccia dell’arrivo degli stranieri. La prima spedizione navale di Qubilay in Corea nel 1274 mise già i giapponesi di fronte a nuove sfide: il nuovo modo di combattere degli avversari, le loro nuove armi e tecniche, la loro mancanza di correttezza e onore in contrasto con i modi gentili e di classe dei cavalieri e dei samurai e infine la deplorevole usanza di infierire sui civili, estranea invece ai guerrieri nipponici. I loro metodi cavallereschi non trovarono senso di fronte alla avanzata di popoli più barbari, ma tecnicamente più potenti e avanzati. Nel corpo a corpo i giapponesi riuscirono a rifarsi, mentre un tifone infine uccise i 13 mila mongoli. Nel 1281 ancora mongoli, coreani, cinesi nel numero di 150 mila invasero il Giappone che si unì in preghiera; ancora un violentissimo tifone distrusse l’intera flotta mongola. Il tifone venne battezzato kamikaze – vento divino; l’invisibile era intervenuto ancora con la sua mano a difesa del popolo dei samurai. Solo in seguito nel 1835 arrivano nel porto di Uraga in Giappone 4 navi statunitensi con una missiva da parte del Presidente Millard Fillmore che intimava all’imperatore di aprire il paese del Sol Levante al mondo.
Per evitare la colonizzazione del Paese da parte dell’Occidente occorreva modernizzarlo. L’ultimo samurai Saigo Takamori nel 1867 guidò le forze imperiali che resero di nuovo l’imperatore il capo assoluto del Giappone, ma tra esse molti samurai furono artefici della modernizzazione del Giappone con l’assunzione di stili di vita all’occidentale e infine avvenne lo scioglimento della classe dei samurai. Saigo che faceva parte del Governo, visto il progressivo tradimento dei valori tradizionali, si dimise con amarezza. Resta un guerriero molto amato e ricordato dalla nostra cultura. Ricordo ancora le parole di un altro dei maestri samurai della mia tradizione. Hirayama Shiryu –Heigen: “Auspico che seguirai l’esempio dell’acqua che, restando fedele alla sua natura, al suo passaggio sgretola le rupi: così ti risveglierai alla realtà. Se usi il tuo spirito per restare autentico, conseguirai senza esitare lo stato di mushin”.
La disciplina formativa di un samurai contempla ogni aspetto: fisico, mentale, emotivo, etico, spirituale. Un lavoro non completo è evidente infine nelle crepe che lascia intravedere.

Ispirata da tutto ciò e per aiutare il mio eroe, decisi di prepararmi per le gare di atletica e vinsi la prima medaglia di fronte ad Actarus che intanto comprendeva che lo stavo facendo per scendere in campo accanto a lui nella lotta. La disciplina che lui mi riservò fu lunga e difficile; Actarus mi contrastò molto, spesso ponendomi di fronte alle mie debolezze e fragilità. Ma io ero testarda più di lui e il mio training proseguì. Tra l’altro capii quanto profondamente siamo responsabili degli eventi della nostra esistenza. L’Universo prevede due vie di movimento: evoluzione e involuzione. È sempre più chiaro per me come gli alieni abbiano intrapreso la via involutiva: sono forti tecnicamente, ma vuoti dentro, non hanno coltivato l’essenza, la parte interiore e più autentica di sé, sviluppando ancora l’ego, l’attaccamento al potere, al dominio nell’incuranza del prossimo.

Mio padre da parte sua tentava piuttosto buffamente di insegnare a mio fratello, e direi anche a sé stesso, l’autocontrollo.
RIGEL “Un vero uomo non perde mai la calma.” Ma il miglior insegnamento è l’esempio e mio padre…ehm.. Le emozioni ci parlano, non occorre zittirle, ma nemmeno lasciarsene turbare, mantenendo invece il controllo; così fa l’adulto, così il samurai: non perde la centratura necessaria, porta a compimento l’azione. Anche Koji è ancora inesperto ed impulsivo, si lancia per andare a combattere, ma viene frenato dal mio amico che gli vuole evitare disgrazie inutili a causa di gesti insensati.
ACTARUS “Potresti morire!”
KOJI “Non mi importa!”
ACTARUS gli dà un ceffone “Non dire idiozie! Abbiamo soltanto una vita non devi buttarla via così.” Il mio eroe non accetta di buon grado il rifiuto, il disprezzo della vita, del tempo terrestre che è unico e irripetibile. Un dialogo continuo con la nostra guida interiore può indicarci la vera strada da seguire. Peccato sprecare energie in ciò che non nutre e indebolisce, perdendo l’occasione di essere davvero vivi nella propria interezza e dare un senso al nostro esistere in questa dimensione terrestre, in piena armonia con la nostra esperienza passata e con il divenire, nel dialogo proficuo con gli avi, la nostra famiglia d’origine e il nostro cuore che indica la via da percorrere, così collegato come è all’invisibile. Così presente l’invisibile, si percepisce nelle pause secondo me eloquenti, e comunque emozionanti, e nel silenzio; è ancora l’invisibile che gioca le sue carte e guida gli eventi a favore del movimento più autentico. Actarus in queste occasioni sfodera tutto il suo fascino: non si lascia scomporre dalle provocazioni; saldo nella sua centratura, insultato da un bullo amico di famiglia, non reagisce, tace per lungo tempo, assorto; infine presenta la soluzione della dinamica con essenziale maestria da buon saggio samurai. Il linguaggio essenziale e simbolico resta il più efficace e diretto, lascia il segno con eleganza, fa riflettere e specie zittisce le inutili vacue parole.

Actarus dunque è alla fattoria, appoggiato al muro; molto triste e malinconico suona la chitarra una musica che, a mia richiesta dice (non sapevo ancora della sua vera identità) “viene da molto lontano”. Bantal, uno sbruffone che frequenta la nostra tenuta e mi dà anche dei fastidi personali, lo provoca e gli dà del codardo.
MIZAR “Non senti cosa si permette di dirti?”
BANTAL “Non reagisce” e gli butta la neve in faccia.
Actarus se la toglie dal viso e continua a suonare come nulla fosse, sempre malinconico.
MIZAR piange e gli si rivolta contro: “tu sei soltanto un vigliacco!”
KOJI che arriva e vede la scena: “Actarus puoi dirmi perché ti sei comportato in questo modo di fronte a Mizar? Non hai visto come c’è rimasto male? Aveva fiducia in te e tu lo hai deluso.”
Actarus, rattristato ancor più, trattiene l’emozione evidente negli occhi tremanti e riprende a suonare senza nulla dire ancora assorto nei suoi pensieri malinconici. Più tardi Mizar mostra rabbia verso di lui e lo schiva.

KOJI gli spiega “È ancora arrabbiato con te. Già e se vuoi che gli passi, l’unica è andare da quel bestione di Bantal e dargli una bella lezione davanti a Mizar. Vedi è arrabbiato perché non riesce a capire per quale motivo tu te ne sia stato buono e zitto mentre Bantal ti insultava. Ascolta, per lui sei come un fratello maggiore, ha moltissima fiducia in te e ti rispetta; per questo, quando ha visto che ti sei fatto trattare a quel modo da uno come Bantal, è andato su tutte le furie.” Koji mostra di essere arrabbiato anche lui. Non capisce l’amico che resta impassibile e incompreso. Ma poi la risposta arriva.

ACTARUS “Koji, sembra che tu non sappia cosa voglia dire battersi! Anche se sconfiggi il tuo nemico, resta nel tuo cuore una ferita che non si potrà rimarginare mai più; ma se riesci ad evitare la violenza, beh, quella è la cosa giusta!”.

Actarus esce di casa e si ferma nel giardino: “Mizar vieni qui a vedere! È una primula! Sembra fragile, ma ha resistito sotto la neve ed è riuscita persino a fiorire. Questo fiore ha dimostrato di avere del coraggio, non ti sembra?” Mizar guarda il fiore, scruta Actarus e poi “Si Actarus, ora credo di avere capito!” e Koji a ruota “ovvio a dirlo ma Actarus aveva ragione!”

Ci sarà stato un motivo se Goldrake è stato progettato con un marchingegno che allontana chiunque voglia avvicinarlo per pilotarlo: solo Actarus può mettersi alla guida di un’arma così potente, poiché solo una persona capace di fare il bene e con la forza di volontà di perseguirlo e capacità di governare i propri impulsi, può permettersi di esserne alla guida. Solo di una persona così ci si può fidare.
Ci fu un altro evento in cui Actarus reagì con il suo solito aplomb. Fu un’altra giornata per me memorabile in cui andammo in gita per campeggiare la notte nel bosco. Potete immaginare il mio stato d’animo, specie la sera dopo cena, quando eravamo tutti intorno al fuoco e lui suonava la chitarra. Sarà ancora Koji che dovrà imparare una lezione; Mizar si era accorto che Koji si era innamorato di me e geloso di Actarus, era diventato scontroso. Capita però che quella sera idilliaca venne interrotta: dei motociclisti (poi rivelatisi veghiani) ci provocarono correndo intorno a noi. Actarus serafico disse: “Piuttosto fastidiosi!” Koji sorpreso dalla sua passività è pronto invece ad attaccarli, ma Actarus non è d’accordo: “Non devi reagire!” Io pronta gli do ragione e lui geloso mi guarda male e mi dice di tacere. Si, davvero le mie attenzioni erano rivolte maggiormente ad Actarus e ho trascurato Koji; potevo essere un poco più attenta verso di lui, comunque si dimostrò capace di andare oltre; ma gli eventi in effetti ti spingono a superare presto le disarmonie e accettare la realtà, d’altronde ormai eravamo una squadra e dovevamo curare l’amicizia tra noi.

Ancora Koji un giorno provocò ancora danni, mostrando tutta la sua impulsività: aveva fretta di provare il nuovo velivolo, ma Actarus lo avvisò del rischio di rovinare tutto solo per la smania e l’eccitazione, ma restò inascoltato… causerà il riaprirsi della ferita di Actarus, l’antica ferita del tempo della distruzione del suo pianeta, quella che lo farà soffrire nei prossimi mesi e che (lui ne era molto consapevole) lo condurrà alla morte appena il male raggiungerà il petto. Actarus non mostrerà alcuna rimostranza verso Koji causa della riapertura della ferita, pensando solo al suo compito: “Sapevo che prima o poi questa ferita si sarebbe riaperta, ma ho ancora tempo prima che ciò accada… finché avrò vita continuerò a svolgere la missione che mi è stata affidata…. ogni volta che provo dolore sento crescere in me la forza e il coraggio per combattere”. La consapevolezza dell’origine del dolore rende senso al suo passato, al presente cammino e al futuro.

Un giorno fu speciale per me, quando Actarus si rivelò a me nelle sua vera identità e lo fece con tutti i suoi modi gentili e nobili, come un perfetto principe. Ero fortemente arrabbiata con lui per la sua assenza ingiustificata e a causa della quale ha avuto problemi ad aiutare mio padre, trovatosi in una difficile situazione che lo ha reso malconcio di ferite. Dunque affrontai di petto l’amico del cuore e non mollai la presa di fronte a lui recalcitrante e deciso a non rispondere alla mia domanda: “Voglio sapere dove sei stato”. Di colpo mi sono sentita una nuova persona, una donna; con la faccia contrita ho lasciato andare le solite moine che sostituivo al vuoto di parole e lo puntai con uno sguardo diretto che non ammette fughe. Lui umile e modesto, sempre elegante, tenuto in scacco dalla mia determinazione, non rispondeva. Le parole, quando sei in grado di gestirle, conferiscono autorevolezza, perché aiutano a mantenere il controllo della situazione; con orgoglio e fierezza riuscii a mantenere la mia centratura; così focalizzai l’obiettivo, lo perseguii cocciutamente. Actarus ancora mostrava sfiducia nelle mie capacità: corsi via a cavallo per trovare un puledro fuggito e lui mi inseguì per aiutarmi; insistetti ancora per sapere la verità, lui ancora si ritraeva per poi portarsi a sbarrarmi la strada con il suo cavallo:

“Ora basta. Torniamo indietro!”, ed io: “Dove sei stato!? Dimmi dove sei stato!” Actarus: “Non posso.” Il mio cavallo si agitò e caddi nel burrone e sarei morta se lui non si fosse trasformato in Duke Fleed in tuta spaziale per salvarmi dallo sfracellarmi sulle rocce del fiume sottostante. Lo vidi trasformarsi e rimasi sconvolta, non volevo accettare la verità; lui mi schiaffeggiò e svenni sotto la pioggia.
Mi rinvenni all’interno di una grotta, nuda sotto una coperta accanto ad un fuoco che lui aveva acceso per scaldarmi e asciugarmi i vestiti. Mi colpì trovarmi così… avevo ragione nel ritenere Actarus un vero principe, un uomo dalla estrema sensibilità, delicatezza e profondo rispetto verso il femminile. Se fino ad allora rimasi relegata al ruolo di patetica ragazzina infatuata, ma rinnegata, ingenua, un po’ sciocca, smorfiosa e continuamente frustrata nei miei tentativi di attirare la sua attenzione, da allora fu come l’iniziazione per un nuovo ruolo: avviai la mia preparazione alla discesa in campo, in squadra con i due ragazzi, iniziando il mio training personale per vincere la gara di atletica come vi ho già accennato. Fu una conquista graduale e per nulla scontata con crisi, cadute e riprese, tenacia e determinazione a raggiungere l’obiettivo. Sempre più desiderosa di stargli vicino, mi renderò utile pur nella discreta reazione di Actarus, non ancora convinto di coinvolgermi nella situazione di conflitto con gli extraterrestri. Una volta, ferita dai nemici, rischiai la vita per un’impossibile trasfusione, data la mancanza di donatori del gruppo 0 in fattoria e dintorni. Actarus tornato dal combattimento finalmente, mi vuole donare il suo sangue: ha un gruppo sanguigno particolare che incuriosisce il medico ricercatore che acconsentirà alla trasfusione, salvandomi la vita. Consapevole di avere in me il suo sangue, orgogliosa e fiera di tanto, diventai da allora sempre più forte, impavida e intraprendente, riuscendo ad avere un ruolo importante nel combattimento con i nemici: “Ora anche io posso fare qualcosa!”.
Esausta fui resuscitata in quel meraviglioso attimo in cui, dopo un duro combattimento, mi disse, portandomi in braccio davanti ad un meraviglioso tramonto: “Mio padre mi ha raccontato quello che hai fatto, ma tu devi promettermi che non rischierai più la vita per me. Guarda che tramonto, questo pianeta è meraviglioso, non posso permettere che finisca nelle mani di Vega, ma tu devi promettermi che non combatterai mai più.”
Naturalmente invece, senza nulla proferire, proseguii nel mio intento con il mio addestramento; un giorno cavalcai il cavallo più selvaggio, più determinata che mai: “Perdonami papà, ma c’è qualcosa che devo fare.”
Incontrai Actarus anche lui a cavallo “Ti stai allenando perché hai intenzione di combattere?”
VENUSIA “Esatto!”
ACTARUS “Capisco. Seguimi!”
Actarus si lancia in una corsa sfrenata e finisce per saltare un precipizio, dove io invece mi fermai di colpo, restando piangente all’altro lato del canyon, sconfitta.
ACTARUS “Cerca di capire Venusia; la lotta sarà sempre più dura e io non posso coinvolgerti.”
A casa mio padre mi interroga e mi rimprovera ancora: “Ma insomma vuoi degnarti di rispondere? Ti pare bello andare in giro con quello là di nascosto da tuo padre? Tutti i miei avvertimenti non sono serviti a nulla; tu sei mia figlia e sei in età da marito e non posso vederti sprecare il tuo tempo con Actarus. Mi vuoi dire cosa ha di speciale quello scansafatiche; e che cosa ci troverai mai in un buono a nulla che non sa far altro che bighellonare.” Io piangevo, depressa, inerte e in silenzio. Per mio padre, ignaro della sua vera identità, Actarus è solo un lavorante nella sua fattoria, dedito a suonare spesso la chitarra, da solo, ma anche spesso assente per motivi che crede futili, mentre era invece a combattere a nostra insaputa. Ma io ben determinata, non mi lascio fermare da nessuno; tornerò alla guida di Goldrake 2 (di cui vi parlerò) e addirittura salverò Actarus.
ACTARUS “Perdonami, avrei voluto tenerti fuori e invece ho finito per coinvolgere anche te in questa guerra, per difendere il nostro pianeta; farò di tutto per proteggerti!”
Procton mi osservò dunque e vide che da fragile che ero, riuscivo a rialzarmi e che ero ben determinata a perseguire il mio obiettivo; avrò il suo appoggio convinto dalla mia fermezza.
Non mi feci alcuno sconto; Actarus stesso mi osservò nell’esecuzione di esercizi di atletica che mi portò a vincere la prima medaglia; la disciplina richiede allenamento, costanza, presenza, attenzione e concentrazione; qualità indispensabili ad un guerriero, ma nonostante tutto ancora tenta di lasciarmi fuori dai giochi, offendendo mio padre, ora consapevole di tutto il mistero di Actarus, e mio fratello, orgogliosi del mio nuovo ruolo. Giustamente Actarus spiegò che combattere non è una cosa di cui essere fieri e che la vera forza dell’uomo è il lavoro e li convinse. Ma a me no, lo pregai ancora di farmi partecipare, ma lui “Abbiamo solo una vita e devi averne cura!” “Sono disposta a sacrificarla la mia vita” Actarus “Non voglio ascoltarti!”e si allontanò; per la stessa frase Koji si beccò un suo ceffone. Destino vuole che proprio io mi ritrovai nella situazione di dover intervenire, salvando il centro ricerche dall’attacco nemico; Procton, testimone di ciò, chiederà infine il parere di Actarus che capitola di fronte all’autorevolezza della richiesta del padre. ACTARUS “Va bene d’accordo, comunque avrò sempre cura di te, te lo prometto!”
Avrò dunque maggiori responsabilità ora riconosciute da tutti e avrò modo di dare una buona impressione. In seguito metteremo in atto un bel gioco di squadra che, su disposizioni severe di Procton e sensibilità di Actarus, vincerà sul carattere impulsivo e vanitoso di Koji e formerà la formula vincente per battere un nemico sempre più in crisi, ma sempre più vicino al suo obiettivo: il centro ricerche e il nascondiglio di Goldrake. I combattimenti diverranno sempre più spettacolari con l’eleganza dei movimenti atletici nella dinamica delle fasi del combattimento.

Alla squadra infine si aggiungerà Maria, che dovrà imparare le lezioni del fratello cui vuole bene “anche se un po’ severo!” Maria, vitale, impulsiva, ma forte e capace anche grazie alle sue doti di preveggenza, non cercate né richieste e che la fanno sentire un po’ diversa, sarà una nuova leva da formare e domare al gioco di squadra, già assimilato da noi altri. Le sue scaramucce con Koji con cui condivide un carattere gioviale, ma focoso e, impulsivo, ci rallegrano anche in corso di combattimento; la sua freschezza e l’azione scattante ribelle ne fanno una persona simpatica come Koji, spesso incline a mettersi o mettere gli altri nei guai, senza far mancare l’efficienza, la scaltrezza, il coraggio, la maestria nell’azione.

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